pubblicato il 13/07/2013
Comunicato n. 16 del 13-7-2013
JA’ FIT ORA E TEMPUS! a proposito della lettera delle OOSS del 9-7-2013 avente ad oggetto: “ Fondo Pensioni BCI – Criteri di ripartizione del patrimonio residuo – Accordo sindacale del 16 dicembre 1999”
Carissimi soci, inizio questo brevissimo comunicato con il titolo immediato e spontaneo che d’istinto mi ha suggerito la mia lingua madre sarda: Jà fit ora e tempus , che significa: era ora e tempo!
Finalmente le Organizzazioni Sindacali danno la loro autorevole e autentica versione dell’origine e della genesi dell’art 27 e della filosofia risarcitoria che lo precede, abbandonando un atteggiamento neutrale, peraltro, al tempo della sottoscrizione dell’Accordo Unp/Anpecomit, auspicato ed apprezzato dalle Associazioni e dai Liquidatori. Atteggiamento però rivelatosi via via non più adeguato e (forse involontariamente) strumentale (o strumentalizzato?) alle reali intenzioni del Fondo, volte, come noto, a non PIU’ applicare i termini dell’Accordo stesso.
Ora i Sindacati, come potete leggere nella lettera che indirizzano al Presidente del Tribunale che nel dicembre del 2006 ha nominato questi Liquidatori che i nostri soci a centinaia non riconoscono e vogliono ricusare, alla Banca Intesa che continua la tradizione “secondo Pilato” e da cui i Liquidatori dipendono, ed al Fondo stesso , indicano con estrema chiarezza le motivazioni e le ragioni alla base dell’art 27. Motivazioni e spirito che da sempre la nostra Associazione rivendica: le maggiori cifre realizzate, sin dal 1° gennaio 2000, dalla vendita degli immobili dovevano servire in primis a RISARCIRE tutti coloro che in servizio dal 1.1.2000 avevano sostenuto l’onere del risanamento e della prosecuzione del Fondo. E invitano Tribunale e Collegio dei Liquidatori a procedere utilizzando pedissequamente etc…richiamando di fatto l’illeggitimità dell’aver dichiarato caducato (inoperante) l’art 27 in questa fase liquidatoria.
Così non è stato!
Noi Anpecomit ci siamo fatti autori e promotori sin dai primi del 2008 dell’iniziativa di transazione- riconciliazione sfociata poi nella firma dell’Accordo Unp/Anpecomit del 12-7-2010. Che se fosse stato rispettato ed applicato subito dopo il “referendum” del gennaio 2011 voluto dal Fondo e condiviso dal 95% degli interessati avrebbe chiuso la vicenda in bonis (veramente in bonis e non come pretende l’attuale procedura fallimentare instaurata chiamata comicamente e assurdamente liquidazione in bonis). Tutti facevano un passo indietro i beneficiati dal criterio discriminatorio ed ingiusto che il Fondo voleva e vuole perseguire e gli esclusi totalmente o parzialmente. Invece ora siamo alla prevista ed ovvia GUERRA di tutti contro tutti.
La nostra posizione, pur confortata e legittimata dall’attuale lettura sindacale, rimane invariata e determinata, in contrasto netto e insanabile con i cosidetti sostenitori deboli e/o altalenanti dell’Accordo:
Le PLUSVALENZE dovevano e devono servire per risarcire, anche parzialmente come discende dall’Accordo Unp/Anpecomit, coloro che PAGARONO il prezzo del risanamento di fine 99 e che si vorrebbero ora escludere!
Per sostenere e raggiungere questo risultato CONTINUEREMO con forza il nostro impegno.
I Liquidatori, in extremis abbiano il coraggio, la responsabilità e la saggezza di evitare di procedere verso una immane e lunghissima conflittualità fra “poveri”,
introducendo da SUBITO nello stato passivo le cifre dell’Accordo,
anziché costringere migliaia di pensionati anziani a rincorrerli nelle aule dei vari Tribunali, civili, di lavoro o fallimentari, con ricorsi e controricorsi, con PEC e/o diavolerie del genere.
Un caro saluto a tutti.
Antonio Maria Masia – Presidente Anpecomit – Roma 13-7-2013